Torino , come tante città dove il desiderio di riscoprirsi è fortemente legato al turismo e al tentativo di far crescere questo fenomeno, cerca nei suo sottosuolo una storia da raccontare, recuperando vestigia nascoste e segrete a metri e metri di profondità. Silenziose testimonianze che accendono la nostra fantasia facendoci percorrere un balzo a ritroso di secoli e secoli. Molto bello da dire cosi ma .. Torino non è Parigi con la sua corte dei miracoli e non è Roma con le sue storie sotterranee legata alla sua storia millenaria. Torino dispone però, da sempre, di un suo mondo sotterraneo segreto: le gallerie di Pietro Micca Cosa sono queste gallerie?

Ingresso area Archeologica da Corso Galileo Ferraris 14

Le gallerie erano parte funzionale al sistema difensivo della città insieme all’antica Cittadella realizzata nel 1564 per volere del Duca di Savoia Emanuele Filiberto (il nostro “testa di ferro” di piazza San Carlo) Cittadella, gallerie sotterranee e cinta bastionata resistettero fino ai primi del XIX secolo, anni in cui la cinta bastionata fu smantellata dai soldati di Napoleone Bonaparte una volta conquistata la città ( purtroppo ci toccò soccombere nel dicembre del 1798). La Cittadella ( di cui oggi rimane solo il Mastio di ingresso all’angolo fra corso Galileo Ferraris e via Cernaia ) sparì anch’essa fra il 1854 e il 1892 per volere della cittadinanza che necessitava di una nuova espansione urbanistica inconciliabile con una struttura difensiva di 280.000 metri/quadrati Chilometri e chilometri di gallerie scavate fino a 15 metri di profondità, diramate completamente a sud dell’antica Cittadella in grado di arrivare fin sotto i piedi dei nemici che, cingendo di assedio la città, ne tentavano la conquista. E una volta sotto i piedi di questi aggressori preparare fornelletti pieni di polvere da sparo per far saltare in aria qualunque cosa fosse stata presente al di sopra (uomini e soprattutto cannoni). Un’arma letale quindi da usare in attesa dell’arrivo di soccorritori o alleati in grado di liberare la città. Liberatori come l’armata imperiale austriaca che giunse a Torino il 2 settembre 1706 e sostenne insieme all’armata piemontese la battaglia del 7 settembre, battaglia che liberò definitivamente Torino dal lungo assedio che l’esercito di Luigi XIV aveva posto alla città sin dal maggio precedente

Mappa della Cittadella sovrapposta all’attuale tessuto urbano

La mappa della Cittadella ci aiuta intanto a capire le dimensioni di questa fortezza immensa che si estendeva fra gli attuali Corso Matteotti, Corso Umberto I, Via Bertola e Corso Bolzano (pressappoco e senza contare le difese esterne come fossati e difese avanzate altrimenti dovremmo aumentare ulteriormente il campo). Nell’immagine in sovrapposizione con l’attuale tessuto urbano si possono notare, nella parte bassa della Cittadella, delle linee di colore blue piuttosto diramate: sono le gallerie di mina di cui raccontiamo. Come ben si vede sono presenti solo nella parte esterna della Cittadella rispetto alla città,poiché l’eventuale assalto nemico sarebbe venuto solo da lì e non certo dall’interno.

La Cittadella nel dettaglio: si noti il cisternone all’interno della struttura militare

Se la parte in superficie fu demolita per fare spazio alle nuove esigenze, per le gallerie fu sufficiente abbandonarle così com’erano oppure in alcuni casi utilizzarle per la discarica delle macerie risultanti dalle demolizioni effettuate. Con il passare del tempo l’intera area della Cittadella si popolò di nuovi e prestigiosi palazzi e molto spesso le fondamenta di queste nuove costruzioni andarono ad interrompere le gallerie presenti ad appena sette metri circa sotto il piano strada. Gli eventi bellici dell’ultimo conflitto mondiale furono il motivo per cui alcuni lunghi tratti di queste gallerie furono recuperate dall’oblio in cui giacevano (furono infatti utilizzate come rifugi antiaerei per sfuggire ai terribili bombardamenti che devastarono Torino) Da sempre i torinesi possono quindi rivivere le sensazioni di quell’antica battaglia visitando le gallerie del museo Pietro Micca. Pochi tratti ancora presenti ma sufficienti a conservarne la storia e le emozioni vissute al suo interno. Molti Torinesi NON sanno invece che un pezzetto di quella che fu la grande fortezza della Cittadella è anch’esso visitabile con la stessa carica emotiva delle gallerie: stiamo parlando del Rivellino degli invalidi.

Cittadella con riferimenti e indicazione del Rivellino degli invalidi

Il nome innanzi tutto: Rivellino. Viene dal latino poiché il Rivellino non è altro che un rafforzamento fatto quasi a mezza luna posto davanti alle mura della Cittadella (come si può vedere dall’immagine riportata) ,e poiché per i Romani il muro era il Vallum ciò che viene posto innanzi al Vallum è un Revallum (una ripetizione) ed essendo di piccole dimensioni un “Rivellino” (italianizzando il tutto). Alcune delle immagini dell’articolo sono scatti effettuati durante la visita che LaTorinodiTonino ha potuto fare grazie alla grande disponibilità dei volontari dell’associazione amici del museo Pietro Micca. La parte del Rivellino ancora visibile ci permette di osservare sezioni delle poderose mura che difendevano la città, la galleria (questa grande a sufficienza visto che non aveva funzioni di mina e contromina) che univa il Rivellino alla Cittadella ( arteria vitale per permettere ai soldati di andare e venire dal Rivellino portando polvere da sparo e armi ) e poi la zona della polveriera dove la preziosa polvere da sparo veniva immagazzinata cercando di tenerla più protetta possibile da potenziali colpi di cannone degli assedianti .

Galleria di collegamento fra il Rivellino e la Cittadella

Muovendosi all’interno dell’area vediamo le rampe di salita che permettevano l’acceso sia dei soldati ma anche dei pezzi di artiglieria che venivano messi in postazione per contrastare gli assalti degli assedianti. Cannoni non di grandi dimensioni adatti per controbattere gli attacchi della fanteria e caricati con dei cartocci di pezzi di metallo per avere un effetto a “rosa” inutile contro altri cannoni ma devastante per uomini allo scoperto. Notiamo e ci fanno notare i numerosi pozzi non solo di areazione ma anche per l’acqua ; preziosa certo per dissetarsi ma anche per raffreddare le canne dei pezzi di artiglieria ed evitare un veloce surriscaldamento con rischi di esplosione mortali per gli artiglieri addetti al pezzo.

Rampa di salita del Rivellino

All’interno dell’area è stato allestito un grande schermo dove un video davvero emozionante ripropone in modalità virtuale la Torino di quel fine di agosto del 1706. Non vi nascondo che se commentato in presa diretta l’effetto è davvero “speciale”. Dal video vediamo perfettamente Torino con la sua caratteristica forma a “mandorla” di quei giorni lontani

Torino vista dall’alto nell’agosto del 1706

Osservando il video si notano bene le trincee scavate dai francesi tutto intorno alla zona assaltata ( lato sud) nel tentativo di serrare la città in una morsa letale ma anche per portarsi sotto le mura con i potenti cannoni d’assedio in grado di demolire i possenti bastioni della cinta difensiva. Il video ci porta con una volo simulato in città ad osservare le sue strade e le sue piazze, passando fin d’entro la cappella della Santa Sindone , osservando meravigliati piazza San Carlo ( ancora orfana del monumento al testa di ferro .. ) e transitando per uscire da quella che già allora si chiamava Porta Nuova ( e che oggi nel quasi medesimo punto ci segnala la stazione ferroviaria omonima).

Piazza Castello :la galleria che univa palazzo Madama al porticato lato attuale via Roma

Piazza Castello :la galleria che univa palazzo Madama al porticato lato attuale via Roma

Castello del Valentino nell’Agosto del 1706

Seguendo il video e la sua evoluzione sembra quasi di risentire il fragore dei tiri di artiglieria delle due parti in lotta, gli ordini gridati in francese (lingua comune anche per i piemontesi in quei giorni) ma anche in tedesco visto che in città erano numerosi i reggimenti alleati prussiani ed austriaci ; Non a caso il comandante militare dell’intera città in sostituzione di Vittorio Amedeo II uscito con la cavalleria per dare battaglia agli assedianti fu un austriaco certo Wirich Philipp Lorenz Von Daun poi da noi semplificato in Virico Daun ( e se no chi lo chiamava ? ). Vorrei concludere ricordando il motto del mitico testa di ferro Duca Emanuele Filiberto: Spoliatis arma supersunt (spogliati di tutto, restano le armi); pensando a lui che nel 1553 non aveva davvero più nulla e conoscendo quanto seppe fare dopo quei momenti terribili mi sembra un omaggio dovuto al Duca e alla sua storia.

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