Il 27 gennaio è per l’Italia il giorno della memoria.
Nel 1945 il giorno 27 gennaio i russi entrarono nel campo di Auschwitz aprendo al mondo una pagina di orrore senza fine.
Auschwitz insieme a una serie di altri campi presenti in Polonia (Treblinka, Belzec, Sobibor a altri tristissimi nomi) costituì quello che potremmo chiamare il ciclo della morte. Luoghi dove, esattamente con lo stesso criterio con cui oggi in una fabbrica si pensa di produrre quante più automobili possibili a minor costo e minor tempo, si pensò e operò allora per sopprimere quanto più persone possibili nel minor tempo possibile e al minor costo possibile.
La lettura delle relazioni “tecniche” cioè dell’analisi tempi e costi per la soppressione di milioni di esseri umani è un’esperienza spaventosa.

Mafalda di Savoia bambina
In questa follia dell’uomo e in quei giorni si ritrovò Mafalda di Savoia, figlia secondogenita di Vittorio Emanuele III Re d’Italia.
Nata nel 1902 era parte di una famiglia felice e non solo per il suo stato sociale, ma anche perché la Regina Elena e il Re Vittorio Emanuele III furono dei genitori amorevoli e premurosi (da più fonti viene indicata come la figlia prediletta dei sovrani d’Italia).
In particolare Mafalda nutrì un affetto speciale con sua sorella Giovanna di cinque anni più piccola di lei.

Elena del Montenegro con i suoi figli. Da sinistra : Giovanna, Jolanda, Umberto e Mafalda. La piccola Maria acconto alla Regina.
Probabilmente fin dall’inizio emerse lo spirito materno e docile di Mafalda che giocherà con Giovanna la parte delle piccola mamma, essendo lei più grande di cinque anni. Le foto d’epoca ci rimandano questo gruppo di adolescenti sempre uniti e felici.il Re di Maggio e ultimo della dinastia Savoia) in tanti momenti sereni passati a San Rossore o a di Valdieri.

Jolanda, Mafalda, Giovanna e Umberto in vacanza
Osservando I loro volti e quello di Mafalda, sorridenti e sereni, nulla traspare degli orrori che il destino ha in serbo per alcuni di loro.
Mafalda aveva due occhi grandi ed espressivi; parlava poco e da questo suo osservare in silenzio pare fosse nato il nomignolo Muti con cui veniva affettuosamente chiamata in famiglia. Mafalda viveva serena in un ambiente sereno, ma come tutte le Principesse Savoia era destinata ad un matrimonio che portasse ove possibile agio alla corona. Mafalda si fidanza nel 1924 con Filippo Principe d’Assia. Cosa strana per le usanze di allora, non fu un matrimonio combinato.
Mafalda e Filippo d’Assia giovani fidanzati
Filippo era già a Roma dove in pratica lavorava come designer di interni (dopo aver abbandonato l’Università di Architettura nel 1923), frequentava i salotti romani ed era amico di Umberto fratello minore di Mafalda
I due quindi si “scelgono” e infatti fu comunque amore vero fra loro (quanto meno lo fu sicuramente e senza secondi fini quello di Mafalda).
Si sposano nel 1925 con una splendida cerimonia presso la residenza Reale di Racconigi e da questo felice matrimonio nascono quattro bei bambini (Maurizio, Enrico, Ottone ed Elisabetta).

Mafalda e Filippo il giorno del matrimonio a Racconigi
In quegli anni Filippo aderisce al partito Nazionalsocialista di Adolf Hitler (come del resto la quasi totalità del popolo tedesco) e riceve incarichi governativi, mentre Mafalda ricopre ruoli di rappresentanza essendo Principessa tedesca per matrimonio e italiana per nascita.Con questo ruolo incontrerà le consorti dei più importanti gerarchi del partito Nazionalsocialista. Magda Goebbels ed Emmy Goring per fare I nomi più importanti
nella gerarchia del partito Nazista.
Mafalda, di carattere mite e riservato, non mostra particolare desiderio per questi momenti mondani e forse per questo si crea nei suoi confronti una inimicizia e antipatia non giustificata, che avrà però, come vedremo, conseguenze drammatiche

Mafalda di Savoia con i due figli Maurizio ed Enrico
Sul finire dell’agosto 1943 il Re di Bulgaria Boris III muore quasi improvvisamente dopo una conferenza a Berlino (conferenza in cui Re Boris si rifiutò fermamente e coraggiosamente di entrare in guerra contro la Russia come gli era stato richiesto dai tedeschi).
Su questa vicenda da sempre si discute e si ipotizza un avvelenamento del Re Boris da parte tedesca; tuttavia ad oggi il fatto non è accertato.
La moglie di Boris III era Giovanna di Savoia, sorella minore di Mafalda, sposatasi con lo Zar di Bulgaria nel 1930. Visto il particolare affetto che
legava le due sorelle, fu proprio Mafalda a partire alla volta di Sofia per assistere la sorella e rappresentare la corona d’Italia.
Vale la pena ricordare che il 25 luglio del 1943 Mussolini era stato arrestato dopo essersi dimesso da capo del Governo e sostituito dal Generale Pietro Badoglio.

Giovanna di Savoia Regina di Bulgaria
Concluse le esequie a Sofia e confortata come era possibile la sorella, Mafalda, volendo rientrare in Italia, si mette in viaggio il 7 di settembre.
Nel frattempo la situazione politico-militare dell’Italia crolla drammaticamente e l’8 settembre 1943 il governo firma un armistizio con
gli anglo-americani che pone fine alla guerra del nostro paese; dopo aver annunciato l’armistizio alla sera di quel fatidico giorno il Re e l’intero governo abbandonano Roma per porsi in salvo nel sud del paese (destinazione Brindisi), senza minimamente preoccuparsi di fornire indicazioni precise ai comandi militari sul territorio nazionale.
Insieme ad un’intera Nazione lasciata all’oscuro di tutto c’è Mafalda, che riceve notizia dell’armistizio mentre è in viaggio da Sofia verso Roma.
Sconsigliata a proseguire da tutti Mafalda non cede pensando ai figli che sono a Roma e di cui non ha notizie. Prosegue quindi il suo viaggio arrivando in modo fortunoso nella capitale dove ha modo di riabbracciare I suoi bambini (peraltro già al sicuro in quel momento grazie anche all’aiuto del Cardinal Montini futuro Papa Paolo VI).
Purtroppo diviene in questo modo preda dei tedeschi, rabbiosi per il “tradimento” degli italiani; con la scusa di metterla in comunicazione con Filippo suo marito (di cui Mafalda non ha notizie da alcune settimane) i tedeschi la convocano in ambasciata; in realtà, I tedeschi hanno predisposto una trappola poiché Filippo è già stato arrestato dagli stessi suoi connazionali (reo secondo loro di far parte della congiura che aveva portato alla caduta di Mussolini e alla firma dell’armistizio) e internato nel campo di Flossenburg.
Mafalda viene quindi arrestata e inviata a Berlino con un volo militare germanico lo stesso 22 settembre; verrà tenuta per circa tre settimane segregata dalla polizia segreta tedesca ( la tristemente nota Gestapo) e infine trasferita a Buchenwald, terribile campo di concentramento per criminali politici e nemici del Reich in genere.
Un dato per tutti : su oltre 220.000 prigionieri registrati nel campo dal 1933 al 1945, ben 60.000 di questi non sopravviveranno ( uno su quattro).
Il desco.

Uniforme per internati nel campo di concentramento tedesco di Dachau: il triangolo rosso e la lettera B indicano prigioniero politico di nazionalità belga
Mafalda ricevette un trattamento particolarmente duro e totalmente diverso da quello che subì Maria Francesca di Savoia, la più piccola delle sorelle, anch’essa arrestata insieme al marito e ai figli ma internata in un campo di concentramento sempre in Germania e trattata senza particolare cattiveria.
Perché questa differenza ? molto probabilmente le antipatie generate in Germania negli anni della sua permanenza (ricordate I cattivi rapporti con I gerarchi nazisti di cui vi ho raccontato ?) e alcune missioni diplomatiche sciaguratamente assegnatele dal governo italiano (a lei che onestamente era la meno adatta a gestire questo tipo di situazioni ) finirono per segnalare Mafalda nella lista dei nemici del Reich.

Maria Francesca di Savoia la più piccola della famiglia
Nel campo di Buchenwald, dove arriva il 18 ottobre del 1943, viene assegnata alla baracca numero 15 e per motivi di segretezza viene registrata sotto il falso nome di frau Weber. Negli oltre dieci mesi in cui Mafalda visse La vita dura del campo, fu detenuta senza avere mai alcuna informazione sulle condizioni di salute di Filippo e dei figli. Le suppliche rivolte dai figlia di Mafalda (pur sempre Principi tedeschi) per avere notizie della madre non ebbero mai risposte precise, se non che Mafalda era viva e stava bene.
Il destino volle comunque dare il suo ultimo tragico contributo.

Riconoscimento degli internati nei campi di concentramento e sterminio, divisi per tipologie in base a specifici colori.

Buchenwald l’ingresso del campo

ricostruzione del campo di Buchenwald
La baracca numero 15 sorgeva infatti ai limiti del campo, affacciata ad una specie di fabbrica dove quasi tutti i deportati lavoravano. Fu questa fabbrica l’obbiettivo di un bombardamento americano il 24 agosto 1944. Una bomba in particolare finì quasi sulla baracca numero 15 provocandone il crollo.
Mafalda viene recuperata con un braccio maciullato e il volto ustionato. I ritardi nei soccorsi medici (probabilmente voluti) e un intervento svolto in modo molto approssimativo porteranno alla sua morte il 28 agosto del 1944, esattamente un anno dopo la morte del Re di Bulgaria.
Destinato al forno crematorio, il suo corpo verrà risparmiato solo grazie all’intervento di un padre cecoslovacco( padre Joseph Tyl) che, avendolo riconosciuto, intercedette ed ottenne che fosse seppellita nel cimitero di Weimar, un piccolo paese vicino a Buchenwald, nella fossa comune numero 262.
Per motivi ad oggi non chiari sulla bara non venne indicato né il nome Mafalda né quello con cui era stata registrata al campo di Buchenwald (frau Weber), ma semplicemente “donna sconosciuta” ( Eine unbekannte Frau ).
Sarà solo grazie ad alcuni internati italiani (sette marinai di Gaeta), venuti a conoscenza dell’ubicazione del corpo che, alla liberazione del campo, sarà possibile il riconoscimento ufficiale e il darle una tomba dignitosa.
Alcuni anni dopo Filippo riuscirà a spostare definitivamente I resti terreni di Mafalda nella tomba dei principi d’Assia a Cronburg.
Questo il ricordo dei fatti. Mafalda rimane, come tante figure femminili di casa Savoia, un esempio di coraggio e fermezza ma anche bontà ,semplicità e attenzione verso il prossimo fuori dal comune. Mentre tutti scappavano lei sarà l’unica di casa Savoia a non avere dubbi su quali fossero i suoi doveri di madre e di Principessa, tanto al punto da tornare a Roma andando incontro al suo tragico destino.